united-colors-of-benetton-spring-summer-2013-08Nato in Uruguay, Matias Perdomo lascia il paese con i genitori, in fuga dalla dittatura militare lì instauratasi, e trascorre un’infanzia itinerante tra Argentina, Brasile e Danimarca.

Di ritorno in patria da adolescente, Matias lascia gli studi a 14 anni e, amante dei lavori manuali, entra nell’impresa di suo zio come apprendista falegname. La passione per i fornelli nasce inaspettatamente, – frequentando, nel tempo libero, un corso di cucina – e la fascinazione è tale da convincerlo a farne il suo mestiere. Il suo talento e la sua perseveranza lo premiano: a soli 18 anni, Matias è già a capo di un’équipe di 40 persone in una catena di ristoranti italiani.

Tuttavia, è solo al suo arrivo in Italia – all’età di 21 anni – che Matias si rende conto di dover ancora apprendere le basi della “vera” cucina del Belpaese – molto lontana da quanto appreso fino ad allora in Sud America. Grazie ad un amico entra nello staff dell’ora celebre ristorante milanese Al Pont de Fer, e in pochi anni ne prende le redini. Se inizialmente il ristorante richiamava una clientela attirata dai piatti semplici della tradizione meneghina – quali pasta e fagioli, trippa, risotto – l’avvento di Matias inaugura una stagione che vede come protagonisti  menù degustazione dai toni maggiormente originali e ricercati. Nel 2011, l’abilità sfoderata nel riadattare il rustico menù da osteria milanese in una carta gastonomica per palati gourmant gli vale la stella Michelin.

Quattro anni dopo, Matias apre il suo primo ristorante nel capoluogo lombardo – “Contraste”; un luogo apprezzato a tal punto che, ancora oggi, riuscire ad accaparrarsi un tavolo è un’impresa ai limiti dell’impossibile. Forte del suo successo, l’inarrestabile chef apre il 2018 inaugurando “Exit“. Gastronomia Urbana, il nuovo ‘place tobe’milanese per gli amanti della buona cucina, a due passi dalla centralissima fermata della metropolitana di Missori.

WAKAPEDIA’s Matias Perdomo

Viso avvenente incorniciato da una cascata di capelli ricci scuri, brillanti e scompigliati da calciatore fresco di doccia; occhi azzurri un po’ cadenti, dall’aria sognante e vagamente malinconica.. ma subito pronti ad illuminarsi non appena si discuta di cucina. Il sorriso, aperto e spontaneo, e la sfumata inflessione spagnola sono garanzie di capogiro per tutte le donne, soprattutto le over 40 sensibili al fascino da latin lover. Matias Perdomo é un gran pezzo…di chef.  Ma dietro la sua innegabile “sexitudine”, si cela un bambino che non si stanca mai di sperimentare, mettersi alla prova e inseguire il suo sogno. Appassionato di arte e spesso circondato dai suoi amici artisti, – tra i tanti, Alessandro Ciffo, Matteo Pugliese e Alessandro BusciMatias Perdomo è lochef Under 40 da intervistare… e seguire sui social! (su Instagram: @mpchef)

Wakapedia: Sai che sei stato uno dei primi intervistati di Wakapedia? Ma ti re-intervistiamo perché sei bravo… e Manzo! Ahahah, no scherziamo (ma non troppo, ndr).  Abbiamo deciso di rivederti per parlare del tuo ristorante, Contraste. Anzi, dei tuoi 2 ristoranti, perché di recente ne hai aperto un secondo – Exit.

M.P: Ok, ti racconto, però manzo no… nun se po’ sento! Se devo essere onesto, io volevo andare in Francia. Fin da quando ho iniziato a cucinare è stato il mio sogno: lavorare nella patria dell’alta cucina, scoprire i segreti culinari dei più grandi chef… Ma all’epoca, senza conoscenze o raccomandazioni, non era così facile riuscirci. In Uruguay non era molto “alla moda” essere uno chef e, anche se lavoravo bene, non conoscevo nessuno che potesse aiutarmi ad avere un aggancio. Ma non disperavo, sapevo che in un modo o nell’altro ce l’avrei fatta. E, in effetti, poco tempo dopo, ho avuto la possibilità di partire per l’Italia; mi sono lanciato, senza pensarci due volte!

Wakapedia: Hai fatto bene! Siamo felici di avere accolto un gran pezzo di m… cioè, di chef!, padre di ristoranti favolosi e creativi come i tuoi! Ma da dove tiri fuori tutta la tua originalità

M.P: Per me il processo creativo nasce, innanzitutto, dalla curiosità; e la curiosità è fatta di dubbi, paure, incertezze… un pizzico di tensione e di ansia sono il motore fondamentale della sperimentazione, perchè ti spingono a superarti. Io inizio sempre dalla ricerca delle basi. Quando voglio rivisitare una ricetta, ne studio gli ingredienti, i prodotti e le loro origini, la memoria del gusto che vi è associata. Una ricetta bisogna capirla e rispettarla, prima di rivisitarla.

Wakapedia: La memoria del gusto … che bella espressione! Ci ricorda un po’ l’immagine della madeleine (dolce tipico della tradizione francese, n.d.r.) descritta da Proust nel suo romanzo Alla Ricerca del Tempo Perduto. La letteratura, l’arte, sono per te una fonte di ispirazione?

M.P: Bella domanda! Definisco il periodo nel quale viviamo come “nomade”: prendiamo tutti ispirazione dappertutto, in tutti gli ambiti della creazione: moda, design, arte, cinema…

Per tutti c’è un punto di riferimento. Nel mio caso, per l’estetica dei miei piatti traggo ispirazione da ciò che mi circonda e dalla voglia di creare forme originali e ambivalenti. Una lasagna potrebbe essere una ciambella, una fragola può diventare una tartare alla piemontese, un lego una macedonia di frutta, una bottiglia di campari una cheesecake e cosí via.

Nonostante ciò, attualmente sto pensando di allontanarmi dall’ambito figurativo.

Wakapedia: Ma perché?!? Sono cosí carini e divertenti i tuoi piatti! Vuoi diventare uno chef astratto?

M.P: Aahah, perchè no, o magari cubista! In primo luogo, non voglio pregiudicarmi la possibilità di sperimentare a 360 gradi. Qualsiasi sia il linguaggio del quale decida di fare uso, l’essenziale è che sia comprensibile; anche se astratto, non voglio che appaia come un inganno visivo. Voglio che la scelta di texture, forme e colori nel piatto sia legata a una memoria gustativa, all’essenza stessa degli ingredienti che lo compongono. E per farlo, cerco di studiare il punto di partenza, il nucleo della ricetta, nel senso letterale del termine.

Wakapedia: Uuh, intrigante! E come ci riesci?

M.P: Voglio osservare gli ingredienti al microscopio, esaminare la struttura di un prodotto alla molecola per poi riprodurla nel piatto, di modo che consistenza e sapore risultino coerenti.  Tramite questo procedimento la fonte d’ispirazione estetica diviene  il prodotto stesso. E’ un percorso particolare che sto cercando di sondare: voglio che sia solo mio, e non ispirato a qualcosa o qualcun altro. Non ho la presunzione di dire che sarà una rivoluzione gastronomica: è semplicemente la direzione verso la quale mi muovo in questo momento.

Wakapedia: Sembra di fare un’intervista a Picasso! Ma senti un po’, artista mio… Dopo quella “Al Pont de Fer”a quando l’ennesima stella Michelin? Magari a “Contraste”?

M.P: Contraste ha ricevuto una stella Michelin quest’anno! Un giorno sono venuti al ristorante e mi hanno detto “Complimenti, avete ottenuto una stella”.

Wakapedia: Ah, scusami…. Non lo sapevamo! Ci hai trovato un po’ impreparate! E in questo caso tu che dici, grazie?

M.P: E che devo dire?? Ahahahaha. Ho detto, “Ok, grazie”!

Wakapedia: Per uno chef, quanto è importante ottenere tale riconoscimento?

M.P: La stella è un riconoscimento del lavoro che hai fatto; però bisogna capire che, se ci sono stelle che fanno brillare il nome di un ristorante, ci sono anche molti ristoranti che non hanno stelle ma brillano per l’energia e il talento dei loro chef. Sicuramente la stella dà soddisfazione ed è un termometro con cui tutti gli chef si misurano, ma è soprattutto una valore aggiunto per la clientela, una pubblicità che influenza il giudizio della gente.

Wakapedia: Vari chef si “ribellano” al sistema di votazione Michelin. Tu che ne pensi?

M.P: Penso che uno chef non debba dare il meglio per avere la stella, ma semplicemente perchè è lui stesso il motore e l’anima del suo ristorante. Prendo come esempio lo chef francese Sèbastian Bras, che addirittura rifiutò le 3 stelle Michelin assegnategli per la prima volta nel 1999. Troppa pressione, troppa esposizione mediatica… alla fine, le stelle erano più un ostacolo al suo lavoro che uno stimolo.
Mi trovo d’accordo con la sua presa di posizione; non è la stella che deve condizionarti,  piuttosto tu a dover influenzare gli altri, trasmettendo loro il tuo entusiasmo, il tuo talento, la tua creatività.

Bisogna vivere per godersi il percorso, senza guardare per forza all’obiettivo.  Se passi tutta la tua carriera cercando di ottenere la stella, perdi gran parte del piacere di fare il tuo lavoro; soprattutto quando scopri che raggiungere lo “status symbol” della stella è spesso quello che ti fotte. Perchè quando l’hai raggiunto non vivi più la cucina come prima: sei entrato nella cerchia dei grandi, e devi fare tutto per restare in questo ruolo sicuro e privilegiato. Non essere sicuro di niente è quello che ti tiene vivo. Io non voglio una stella, o un premio, che condizionino la mia vita: voglio soltanto essere libero di scegliere.

Wakapedia: Quindi questa stella la possiamo anche buttare?

M.P: Per metterla in maniera semplice: per me non è un traguardo, ma è comunque una soddisfazione; poi, se l’attribuzione della stella coincide con il percorso creativo che hai intrapreso, con la filosofia del tuo ristorante, tanto meglio. Quest’anno Contraste è stato premiato varie volte dalla critica, ma io sono andato solo una volta a ritirare il premio. E sai perchè? Non perchè io sia snob, ma perchè lavoro. E le premiazioni cadono sempre in giorni lavorativi.

Ogni volta che mi telefonano è sempre la stessa storia: mi avete dato un premio per cosa? Perchè sono un buono chef. Ok, e cosa fa uno chef? Cucina. E io ho un ristorante aperto. Non lascio 30 persone per venire a prendere un premio. Così, l’unico che sono andato a ritirare è quello di “Identità golose –  Guida ai ristoranti d’autore”. Perchè la premiazione cadeva di martedì all’ora di pranzo, ovvero il giorno di chiusura del ristorante. E’ una questione di buon senso, no?

Wakapedia: Ahahah, il tuo ragionamento non fa una piega!

M.P: La gente non capiva. Io non vivo per il premio, ma perché mi piace quello che faccio!

Per me la cucina non è un lavoro… ma è una passione!!

Wakapedia: Sarebbe figo se tutti gli chef la pensassero come te. Dai, confessaci una cosa: non ti capita mai di perdere la passione che stai coltivando ormai da 20 anni?

M.P: La passione la perdi se non la alimenti. Non é tutto rose e fiori, c’é una buona dose di impegno e sacrificio. Insomma, non puoi solo goderne, devi anche saperci mettere del tuo.

Wakapedia: Ti capiamo! D’altronde, anche per noi la cucina e’ una ragione di vita… o meglio: da italiane che si rispettino, gli spaghetti al pomodoro sono una ragione  di vita! I migliori, a Milano, dove li troviamo?

M.P: … A casa mia, claro!

(risate)

Description & Interview: Sara Waka

Edited by: Federica Forte

Foto: Ivan Grianti