Classe 1978, padre olandese e madre ligure, Eugenio Boer è un cittadino del mondo e un fervente partigiano della gastronomia semplice e di qualità. Se la cucina è una passione d’infanzia nata grazie alla nonna italiana, il talento che Boer può vantare oggi è il frutto di oltre due decenni di esperienza nelle cucine dei più grandi chef italiani ed europei: Kolja Kleeberg in Germania, Alain Ducasse in Francia e in Italia Alberto Rizzo, Gaetano Trovato e Norbert Niederkofler. Questa perseveranza è premiata nel 2017 quando lo chef ottiene la sua prima stella Michelin alle redini del ristorante milanese Essenza. Tuttavia le incomprensioni con la direzione del locale interrompono bruscamente questo momento di grazia. A quarant’anni, Eugenio Boer decide di non lasciarsi abbattere da questo imprevisto sul suo percorso e di ricominciare contando solo su sé stesso. E questa rinascita personale porta il suo nome: Bu:r si chiama infatti il ristorante che lo chef ha aperto nel luglio 2018 a Milano, in via Mercalli 22. Bu:r come la scrittura fonetica del suo cognome olandese, come la voglia che lo chef ha di invitare a mangiare in un posto che lo rappresenta per la prima volta al 100%.

WAKAPEDIA’ s Eugenio Boer

Qualche mese fa una parte del team Wakapedia è stata invitata a cena nel nuovo ristorante milanese di Eugenio Boer. Appena entrate, veniamo accolte dalla bella e sorridente Carlotta, moglie dello chef, caposala e responsabile PR e comunicazione del ristorante. Carlotta ci fa accomodare in una sala dall’atmosfera intima – con solo 30 coperti – e dalla decorazione curata e accogliente: muri blu scuro, moquette ocra, tavoli in legno scuro e carta da parati dai motivi cinesi, ispirati alle porcellane olandesi di Delft. Eugenio è un uomo estremamente gentile, un vero pezzo di pane, anche se a prima vista può incutere un po’ timore col suo look a metà strada tra un hipster e un cantante metal, con i suoi numerosi anelli e tatuaggi. Eugenio ha trovato il tempo di sedersi al nostro tavolo dopo il servizio e di raccontarci un po’ la sua vita e la sua carriera. Tra una battuta e una rivelazione, abbiamo condiviso un momento estremamente conviviale. Ci è sembrata una serata in famiglia, ma con la differenza che abbiamo degustato dei piatti d’eccezione! DBu:r, gli ospiti possono scegliere differenti degustazioni come il menu “Tra mare, monti e fantasia” (a 120 euro) che è una rivisitazione contemporanea e cosmopolita del classico Mare e Monti: influenze liguri e olandesi si mescolano a ispirazioni e ingredienti di vari paesi del mondo. La cucina dello chef Boer é in effetti un modo di raccontare sé stesso, i suoi viaggi e i suoi incontri con persone di culture e tradizioni diverse. Estro e semplicità, innovazione e tradizione, raffinatezza e convivialità… difficile definire con una sola parola l’esplosione di sapori che le pietanze di Eugenio hanno scatenato nel nostro palato.

La nostra intervista potrà essere un assaggio, ma il miglior modo per capire resta assaggiare per davvero!

Sara: Grande Eugenio! Non saprei descrivere l’emozione che abbiamo trovato nei tuoi piatti!! Quello che ci ha colpito è l’abbinamento delle texture – solido, liquido, spuma – e lo stimolo di tutti i sensi – vista, olfatto, udito, gusto; insomma, tutto quello che ci si può immaginare… e anche di più!

Eugenio: Grazie, sono felice che vi sia piaciuto.

Sara: Piaciutissimo! Vero ragazze?? (Tutti annuiscono appassionatamente, ndr)

Giulia: A me è particolarmente piaciuto mangiare con le mani il tuo cervo. Non sono una grande frequentatrice di ristoranti gastronomici, né un’esperta di galateo. Quando vado in ristoranti di un certo livello, guardo sempre gli altri per capire che posate prendere per ogni portata. (risate) Qui invece il fatto di mangiare un pezzo di carne con le mani mi ha fatto sentire molto a mio agio.

Eugenio: Il cervo è uno dei miei piatti storici ed è spesso proposto all’inizio delle degustazioni proprio per quello. È un piatto che rompe il ghiaccio e trasgredisce la rigidità dei ristoranti gastronomici più classici. È una delle mie creazioni più celebri e piace molto ai clienti perché fa viaggiare nel tempo e ritornare all’età della pietra, quando gli uomini preistorici cacciavano ancora le loro prede, le uccidevano sporcandosi le mani. Da qui viene l’idea di lasciare un leggero sapore di sangue alla carne e la volontà di non usare le posate per degustarla. E come avete trovato un altro dei miei piatti emblematici, l’anguria alla brace?

Giulia: Ah l’anguria, buonissima anche quella! Raccontaci come ottieni questo effetto sorprendente, come fai a non farla sciogliere sulla brace. È una vera sfida alla consistenza stessa dell’anguria, un vero enigma per le papille!

Eugenio: In questo piatto ho voluto mettere l’anguria in osmosi con se stessa. Dopo essere stata conservata sottovuoto affinché i succhi rimangano all’interno e la polpa non si sciolga durante la cottura, la scottiamo velocemente sulla griglia. E poi la associamo a della stracciatella di burrata, diverse tipologie di pomodori, basilico fritto e aceto stravecchio di Modena. È un piatto dai gusti estivi e freschi, che serviamo durante l’estate.

Sara: Ok ragazze, so che i piatti sono super interessanti, ma ora io vorrei saperne di più sul nostro caro chef! Eugenio, raccontaci un po’, la tua storia; come sei arrivato fin qui?

Eugenio: Ok, cerco di farvela breve! (risate) Sono nato a Rapallo, in Liguria, per sbaglio. Dovevo nascere in Olanda, però ero pigro e non volevo uscire a termine. I miei genitori per delle questioni di lavoro sono dovuti tornare in Liguria qualche giorno e io ho deciso di nascere lì, nella regione di mia madre.

Sara: Quindi tua madre era Ligure e tuo papà Olandese, giusto? E cosa faceva tuo padre, era anche lui nella ristorazione?

Eugenio: No no, mio padre da buon Olandese ere un venditore di fiori. (risate) Lo so a cosa state pensando, ragazze. Poteva fare due cose: vendere fiori o spacciare marijuana… ha scelto i fiori!

Giulia: Eugenio, ci hai letto nel pensiero in effetti! (risate)

Eugenio: Insomma, dopo la mia nascita siamo tornati in Olanda dove ho passato i primi 8 anni della mia vita. È lì che ho iniziato a cucinare quando avevo solo 3 anni.

Yoka: 3 anni, ma eri un bambino prodigio?!

Eugenio: Ero precoce, in effetti. Cucinavo soprattutto con la mia nonna ligure che, dato che era rimasta vedova, era venuta a vivere con noi in Olanda. Si era portata appresso tutti i suoi attrezzi da cucina e le sue ricette. Una delle prime cose che ho imparato a fare con lei è stata la pasta fresca. Quando avevo circa 8 anni, siamo partiti dall’Olanda per ritornare in Liguria. A 12 anni ho iniziato a lavorare nella cucina di un ristorante, durante l’alta stagione. Mi piaceva molto e avrei voluto che fosse subito il mio mestiere a tempo pieno, ma mio padre, da buon commerciante, voleva che avessi un diploma. Così, durante i 5 anni delle superiori, sono andato avanti a dividermi tra la scuola e il lavoro in cucina. Ho ottenuto il diploma, così papà era contento, e poi mi sono consacrato interamente alla cucina. Ho lavorato in Sicilia, a Berlino, in Toscana, in Trentino, in Francia… ho fatto un apprendistato di 23 anni!

Sara: E l’alta cucina dove l’hai imparata?

Eugenio: Ho avuto la fortuna di lavorare al fianco di grandi chef. Sono allievo di Norbert Niederkofler, chef 3 stelle Michelin col suo ristorante in Alta Val Badia; ho lavorato con Gaetano Trovato nel suo 2 stelle a Colle Val d’Elsa, da Alain Ducasse al Plaza Athénée a Parigi, da Kolja Kleeberg a Berlino…

Yoka: E tu quando hai preso la stella?

Eugenio: 2 anni fa da Essenza. Una grande gioia, ma poi è andata come andata, l’importante è guardare sempre avanti.

Sara: E lo stai facendo alla grande con l’apertura del tuo primo ristorante, il Bu:r.  Parliamo del nome che hai scelto. È davvero un’ottima trovata, secondo me. Non soltanto Bu:r è la pronuncia del tuo cognome olandese – che significa “contadino” – ma è anche un omaggio al burro, ingrediente che unisce le tue origini nord europee alla città di Milano. E tra l’altro, voglio dirtelo, il burro che servi qui è assolutamente eccezionale.

Eugenio: L’essenza della cucina per me è quella. Non servono le cose complicate nel piatto; quelle ce le ho in testa e lì devono restare. La tavola deve rimanere quello per cui è nata: un luogo di aggregazione per stare bene e passare una buona serata, in famiglia o tra amici, attorno a un buon pasto. Non deve diventare mai troppo difficile comprendere quello che si mangia, se no si perde l’immediatezza; ed è l’immediatezza la chiave della piacevolezza.

Yoka: Questa semplicità e questa cura del dettaglio mi fanno pensare a delle influenze della cucina giapponese, mi sbaglio? Sei già stato in Giappone?

Eugenio: Purtroppo non ancora in Giappone, ma ho girato parecchio l’Asia. Sono stato varie volte in Cina, a Hong Kong, a Macao e in Indonesia ovviamente, che era una colonia olandese. La filosofia di vita e la ritualità che accomunano i paesi d’Oriente sono una vera fonte di ispirazione per me. Lo dico con il cuore e non perché tu e Sara avete gli occhi a mandorla! (risate). Del Giappone, per esempio, amo il perfezionismo nella cucina. Anche io cerco l’eccellenza in tutto, sono un perfezionista, al lavoro e di indole.

Giulia: Quindi queste influenze di culture esterne fanno parte della tua cucina?

Eugenio: Non mi piace parlare di culture esterne, perché io non ho un’unica cultura che mi definisce. Ho lasciato in fretta entrambi i miei luoghi d’origine – L’Aia in Olanda e la Liguria – ho perso i miei genitori molto presto… non sono legato a niente e sono influenzato da tutto. Tutto ciò che provo, le persone che incontro diventano la mia famiglia, sono parte di me. Le aggiungo alla mia cultura, le somatizzo nelle mie ricette e nelle mie idee.

Giulia: Parlando di ritornare, se per esempio ritorniamo a mangiare qui tra qualche mese, cosa sarà cambiato nel menu?

Eugenio: Quasi tutto. I menu cambiano secondo gli ingredienti, le stagioni, le mie ispirazioni. E se alcune cose rimangono è soprattutto per volontà dei clienti che si aspettano di ritrovare i miei classici: il cervo, il risotto alla cenere, il macaron di piccione, l’uovo caduto nel prato… Ma a parte questi piatti che sono diventati un po’ la mia firma, le degustazioni che proponiamo cambiano costantemente.

Sara: Allora ritorniamo tra qualche mese sicuramente! (risate)

Senti, ma prima di salutarci, ci puoi parlare un po’ dei tuoi tatuaggi? Li intravediamo sotto la camicia e ci incuriosiscono molto!

Eugenio: Ho parecchi tatuaggi, sono quasi tutti legati a dei luoghi in cui sono stato e a dei momenti della mia vita personale. Ho due maschere del teatro indonesiano che rappresentano il bene e il male, un pan di zenzero sul braccio e una mongolfiera che in realtà è un cuore e un cervello che vanno in giro con un cappello da cuoco.

Sara: Aahhh, beh che dire…originale! Ma mi sa che preferiamo i tuoi piatti ai tatuaggi! (risate)

Eugenio: Meglio così che il contrario!!

(risate)

Description & Interview: Sara Waka

Edited by: Federica Forte