“Mi dicevano sempre ‘Non c’è nessuno più inutile di te!’ ho lasciato tutto qui in Giappone e sono partito per Berlino per inseguire il mio sogno : la fotografia”.

Nato poco più di trent’anni fa a Kobe, città giapponese non lontana da Osaka, Satoshi Fujiwara si é dato alla fotografia abbastanza tardi – nel 2012 per l’esattezza – quando, dopo una carriera frustrante come grafico nel suo paese natale, decise di fare « il grande salto » e partire a Berlino. Lui stesso racconta : “In Giappone, ho lavorato per 5 anni a Tokyo come graphic designer in diverse aziende e mi dicevano sempre ‘Non c’è nessuno più inutile di te ’. Allora un giorno mi sono detto ‘Basta, mollo tutto e mi cerco un’altra vita!’, cosi sono partito per inseguire il mio sogno : la fotografia. Ho scelto Berlino perché i miei fotografi preferiti sono due tedeschi, Thomas Ruff e Thomas Demand”.

Col senno di poi, bisogna riconoscere che Satoshi ha fatto la scelta giusta e ha avuto una belle rivincita! Solo 5 anni dopo la sua partenza, è già un fotografo di fama internazionale e vanta numerose collaborazioni prestigiose. Il suo primo grande progetto è stata una collaborazione con lo stilista giapponese Issey Miyake : una linea di magliette a partire da una sua serie fotografica di ritratti. Poi, la consacrazione in Germania è arrivata con la campagna pubblicitaria della Deutsche Oper Berlin che ha scelto per le locandine della sua stagione 2016 delle fotografie di Satoshi, “per creare uno shock visivo e suscitare l’interesse dei cittadini nelle strade berlinesi” spiega.

Ma qual è la vocazione di Satoshi in quanto fotografo ? “Voglio creare una nuova estetica”, afferma, “A differenza delle Belle Arti, la fotografia ha una storia recente di “soli” 200 anni, ma nonostante ciò ha dei codici forti che influenzano molto i fotografi contemporanei. Io voglio sentirmi libero e rompere questi schemi, voglio ‘spremere’ le immagini, schiacciarle, manipolarle e farne uscire la violenza, la loro forza visiva”. Che quest’approccio così impetuoso e aggressivo sia una forma di ribellione ai 5 anni di frustrazione e umiliazione in Giappone?! Una possibilità da non escludere…

Lo stile fotografico di Satoshi è quindi estremamente particolare. Prendendo le distanze dal foto-giornalismo documentaristico attuale, Satoshi ambisce a creare un linguaggio nuovo, capace di (re)attivare lo sguardo critico dell’osservatore.

Nella sua serie fotografica “Code Unknown”, per esempio, Satoshi ha realizzato numerosi ritratti di viaggiatori nella metro di Berlino. Ha scattato di nascosto foto di sconosciuti, senza far firmare liberatorie, nè chiedere il permesso. Come lui stesso spiega, “Questa serie è una riflessione sulla nozione di portait right” (diritto all’immagine). Per poter pubblicare le foto senza avere i diritti della persona ripresa, Satoshi le ha elaborate a colpi di cropping (ritaglio) e digital processing (post-produzione), fino ad arrivare al limite del riconoscibile. Le sue foto, estratte dal contesto, sono dettagli visivamente violenti e per lo spettatore é quasi impossibile decifrare dove e quando sono state realizzate. In effetti, i close-up (primi piani) tipici di Fujiwara rendono praticamente irriconoscibili – al limite dell’astrazione o dell’enigma- le immagini, privandole di fatto di ogni possibilità narrativa.

Satoshi dice in proposito “Ho capito che cambiando il contesto, cambiavo anche il significato dell’immagine. Allora ho deciso di smontare pezzo per pezzo le mie foto fino a creare un contenuto altro. Ho fatto molte serie di questo tipo e sono per la maggior parte visibili a Milano fino a metà ottobre”.

Organizzata dalla Fondazione Prada per lo spazio Osservatorio in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, la sua mostra s’intitola « EU », sigla concisa ed essenziale (retaggio del noto spirito minimalista tipico dei giapponesi ? ndr) che evoca il filo conduttore di questi clichés disparati : l’Europa.

La mostra si divide in due sezioni: al piano inferiore, é accolta l’installazione « 5K Confinement », commissionata nel 2016 all’artista nell’ambito di « Belligerent Eyes », un progetto di ricerca della Fondazione Prada sulla produzione contemporanea di immagini, accolta a Ca’ Corner della Regina, sede veneziana della fondazione, nello scorso 2016. In questo reportage fotografico di un progetto di Cippini che riunisce molte telecamere diverse – dal telefono cellulare alla camera professionale – Satoshi analizza lo stress delle persone che sanno di essere osservate, un argomento di grande attualità nelle società orwelliane contemporanee.

Il secondo piano ospita invece una sua retrospettiva di recenti serie fotografiche: da “#R”, incentrata sul conflitto tra forze dell’ordine e attivisti, a “THE FRIDAY: A report on a report” (2015) – meta-reportage fotografico che immortala le numerose troupe di reporter accorse a Parigi durante gli attentati terroristici degli scorsi anni – a dettagli scattati a una partita di calcio amatoriali, o allaa fiera del sesso Venus a Berlino. In questi svariati progetti, Satoshi ha smantellato il contesto per dare un nuovo senso alle immagini.

L’allestimento della mostra milanese, ideato dal curatore Luigi Alberto Cippini, è una sequenza di istantanee senza alcun contesto narrativo lineare, accostate al materiale fotografico di Fujiwara. La fotografia esce dalla classica bidimensionalità dello schermo e della stampa incorniciata e si appropria di grandi teli di PVC sui quali sono stati riprodotti gli scatti. Fissati sulle pareti con elementi metallici industriali, i teli si piegano sul pavimento in modo suggestivo ed estremamente tridimensionale.

Una scelta audace e originale che gioca un ruolo chiave nella fruizione « fuor dagli schemi » delle opere del fotografo giapponese.

Description & Interview: Sara Waka

Edited by: Federica Forte

Photo: Satoshi Fujiwara, Ivan Grianti