Nato nel 1982 vicino a Londra da madre Inglese e padre giapponese, Simon Fujiwara è un artista contemporaneo basato a Berlino. Le sue opere proteiformi – quadri, installazioni, film, sculture – sono esposte in prestigiosi musei di tutto il mondo: dalla Tate Modern a Londra, al Palais de Tokyo di Parigi, dal MoMa di New York alla Tokyo Opera City Art Gallery.

Mix di politica, attualità, elementi autobiografici e finzione, la sua arte sfida la percezione comune e gli stereotipi attorno ai concetti di “oggetto” e “prodotto”, “invenzione” e “autenticità”. Tra le sue creazioni più emblematiche possiamo citare una replica in scala reale della casa di Anna Frank ad Amsterdam (Hope house, 2017), una serie di pitture astratte realizzate a partire dai pigmenti della pelle del viso della cancelliera tedesca Angela Merkel (Masks (Merkel F6.1),2016) o ancora un’installazione immersiva che simula l’esperienza del pubblico in un parco a tema come Disneyland (Empathy, 2018).

Fino al 27 settembre 2021, la Fondazione Prada a Milano dedica a Simon Fujiwara una mostra monografica site-specific intitolata “Who the Bær” che mette in scena un personaggio dei cartoni animati inventato dall’artista. Who è un *ors* senza un’identità specifica: non ha sesso, razza, genere o età; è un’immagine che tenta di definirsi in un mondo di altre immagini e può trasformarsi in ciò che vuole o incontra. In questo universo di estrema libertà, Who può trascendere il tempo e lo spazio, essere soggetto e oggetto, chiunque e nessuno.

Nella mostra – composta da disegni, collage, sculture e animazioni – l’artista invita il pubblico a seguire il percorso evolutivo di questo personaggio fittizio attraverso un grande labirinto a forma di ors*. Dalla nascita di Who da un segno grafico semplice ai diversi eventi felici e traumatici che costellano la sua esistenza, il racconto diventa una metafora della perenne ricerca di un se’ autentico in una società dominata dai social media, dalla produzione e dal consumo accelerato di immagini.

Wakapedia’s Simon Fujiwara

Abbiamo incontrato Simon a Milano, poco dopo l’inaugurazione della mostra alla Fondazione Prada, e quello che ci ha colpito (a parte il suo aspetto attraente, ammettiamolo!) è la sua gentilezza e delicatezza. Ci ha fatto pensare a un orsacchiotto, con quella sua aria serena e piena di dolcezza. Con Sara c’è stato subito feeling in quanto sono entrambi giapponesi incasinati con altre culture: lui un giappo-inglese che vuole ottenere la nazionalità tedesca perché non ne può più del Regno (sempre meno) Unito e Sara, la più Napoletana di tutte le giapponesi nate a Milano. L’intervista è stata davvero interessante: Simon è stato molto generoso e ci ha raccontato con passione la genesi del suo progetto – strambo, visionario e allo stesso tempo molto profondo – di “Who the Bær” e come immagina di svilupparlo in futuro. Un futuro che, secondo noi, si annuncia più che roseo per questo giovane talento che, a meno di quarant’anni, ha già esposto nei più grandi musei del mondo. Insomma, siamo certi che non è che l’inizio di una bella storia e che sentiremo parlare del tranquillo  Simon Fujiwara – e del suo ors* – sempre di più!

Wakapedia: Ciao Simon, mi fa piacere incontrarti! Non solo perché sei un grande artista, ma anche perché io e te siamo simili: tu sei anglo-giapponese e io sono italo-giapponese, due meticci dalla duplice cultura insomma! Anche a te crea una crisi d’identità in questo momento?

Simon Fujiwara: Io sono sempre sempre in crisi d’identità. (Risate)

Wakapedia: Quanti anni hai?

Simon Fujiwara: 38.

Wakapedia: Io ne ho 33.

Simon Fujiwara: Allora preparati, la crisi andrà sempre peggio! (Risate)

Wakapedia: Senti, parliamo della tua mostra alla Fondazione Prada. L’ho trovata davvero interessante ed emozionante. Mi ha suscitato sentimenti diversi e contrastanti assistere all’evoluzione di quest*ors*, dalla sua nascita, agli eventi che attraversa… puoi spiegarci un po’ il concetto all’origine di questo tuo progetto?

Simon Fujiwara:L’idea del cartone animato non mi è venuta subito; semplicemente l’anno scorso durante il primo lockdown ho iniziato a fare collage e disegni, era per me un modo di gestire l’isolamento e l’impossibilità di avere contatti col mondo esterno se non attraverso le immagini. Eravamo tutti a casa, con TV e schermi accesi di continuo. Questo bombardamento di immagini, soprattutto quelle legate al movimento Black Lives Matter e le questioni sulla razza, il genere…. mi hanno spinto a riflettere, a rivedere le mie posizioni in merito. Mi serviva un corpo per incarnare tutte queste idee, allora ho iniziato a lavorare su un cartone animato, Who the Bær, in quanto forma a metà strada tra un personaggio e un simbolo. Un cartone animato è un essere dotato di una personalità, di una vita… ma è anche un oggetto, non è umano e non deve preoccuparsi di come agisce, di come pensa o di chi è. In passato ci sono state spesso polemiche sui personaggi dei cartoni animati che sono stati visti come rappresentazioni di ideali maschilisti, razzisti e suprematisti – pensa a Tintin in Africa! Volevo uscire da questo schema e proporre un’altra visione con Who the Bær.

Wakapedia: Sei stato influenzato dai cartoni animati giapponesi?

Simon Fujiwara: Mi piace molto Doraemon, forse i colori che ho scelto per Who the Bær, giallo e blu, vengono da lì. Ma quello che davvero mi affascina nel monde dei cartooné analizzare i disegni, il design preciso e la costruzione meticolosa del personaggio. È un momento molto emozionante quando si finisce la creazione di un personaggio.

Mi interessa questa relazione all’immagine che si rinvia di sé, la trovo una riflessione centrale oggigiorno. Viviamo in un’epoca in cui l’entertainment, il marketing e l’autopromozione sui social sono estremamente controllati e brandizzati. Nella mostra possiamo vedere un ors* fare tutte le cose che noi non possiamo fare, è catartico! Who si riferisce a tutti e non esclude nessuno, perché non ha nessuna identità, razza, età, genere; può essere ciascuno… o nessuno, è questo il rischio di un’immagine.

Quando ho iniziato a fare questi disegni, pensavo a come la società attuale ci imponga di prendere posizione ed essere critici su un sacco di cose; non comprare quell’acqua perché é gestita da una multinazionale, non mangiare quel cibo perché contiene ingredienti nocivi… c’é una problematica in tutto. È positivo essere consapevoli, ma non lascia più spazio per la libertà, per la leggerezza o per il divertimento se sei una persona di buon senso, se sei di sinistra, insomma… il divertimento è solo per la destra! Allora mi sono detto: immagina una creatura che può fare tutto, essere tutto quello che vuole – una macchina, un biscotto o Greta Thunberg – senza alcuna gerarchia. Mi piace l’idea di aver dato vita a una creatura affamata di esperienze e che consuma tutto senza restrizioni, è davvero liberatorio.

Wakapedia: Chi e l’ors*? Sei tu?

Simon Fujiwara: Who è più di me perché io sono limitato in quanto essere umano.  L’ors* è un’immagine, e dunque è tutto e il suo contrario, è chiunque tu voglia.

Wakapedia: Pensi che la pandemia abbia influenzato la tua pratica artistica? È stata una fonte di ispirazione per te?

Simon Fujiwara: Assolutamente sì, senza il COVID-19 Who the Bær probabilmente non esisterebbe. Prima della pandemia avevo un sacco di progetti in coproduzione, collaborazioni, viaggiavo molto in diversi paesi. Poi tutto si è fermato e mi sono chiesto: cosa posso fare ora? Ho iniziato a disegnare, a fare collage, a creare degli oggetti con le mie mani. Tante persone si sono messe a fare banana bread o video su TikTok, io mi sono messo a fare cartoni animati! (Risate)

Wakapedia: In quanto anglo-giapponese, come mai non ci sono richiami al Giappone in questo progetto?

Simon Fujiwara: Forse farò un nuovo capitolo di Who the Bær, in relazione al Giappone. Questa mostra è per me come un aperitivo, un assaggio. Il progetto si svilupperà in futuro, prenderà nuove forme.

Wakapedia: Sarebbe fantastico!

Simon Fujiwara:  Chissà, magari l’ors* diventerà una sorta di mascotte delle Olimpiadi XXX in Giappone e lo ritroveremo allo stadio (risate).

Wakapedia: Caro Simon, non vedo l’ora di scoprire cosa riuscirai a inventarti la prossima volta!

 

Description & Interview: Sara Waka

Edited by: Federica Forte